- Autori: Ida Blasi
- Scuola: Lycée Leonardo Da Vinci, Paris
- Film: Primadonna, Marta Savina
Il film Primadonna realizzato da Marta Savina è un film drammatico che evoca argomenti sensibili come lo stupro, le aggressioni, il matrimonio forzato e il potere dell’uomo sulla donna. Il personaggio di Lia è mostrato come una donna coraggiosa a volte esitante ma che riesce a difendere la sua parola e i suoi diritti. Infatti il film tratta dei soggetti che esistono nella realtà, e apre la strada alla lotta per i diritti delle donne. Primadonna immerge il pubblico in un’atmosfera coinvolgente e gli spettatori provano empatia per i personaggi. La regia ci invita a immedesimarci e la musica ci immerge nel film. Primadonna è molto vario e ricco in termini di emozioni procurate: passiamo dalla gioia alla sorpresa, dalla paura al disgusto, dalla rabbia alla tristezza.
Primadonna (2022) è la storia di una ragazza che ha avuto il coraggio di non sentirsi sbagliata, nonostante intorno a lei tutti volessero farle credere di essere inadeguata, di avere qualcosa di cui vergognarsi.
Il film di Marta Savina, siciliana, è ambientato nella Sicilia degli anni Sessanta; la trama è ispirata alla storia di Franca Viola, la prima donna italiana che rifiutò il matrimonio riparatore con il suo aggressore. Per la prima nelle sale italiane è stata scelta una data emblematica, l’8 marzo. Lia Crimi, interpretata da Claudia Gusmano, è figlia di un bracciante, vive ai margini del paese con la madre, il padre e il fratello, e aiuta il padre in quello che è considerato un lavoro da uomo, lavorare la terra. Ha 21 anni e frequenta il figlio del boss mafioso locale, Lorenzo Musicò. Dopo il rifiuto da parte di Lia di un nuovo incontro, Lorenzo irrompe in casa sua, la rapisce e la stupra. La scena dello stupro non è mostrata ma diventa un momento chiave nell’evoluzione dei due personaggi.
La vera violenza è subita da Lia in tribunale poiché non concorda con «il matrimonio per riparare all’onore ferito della ragazza» né tantomeno con l’edulcorazione della condanna se la risposta alla domanda da parte del giudice: «Lei ha goduto almeno un po’?» fosse stata sì. Sul suo volto domina uno sguardo perso, assente; è debole, non ha più difese, ma allo stesso tempo le si legge negli occhi la forte volontà di avere giustizia, di riprendersi il suo corpo, di riprendersi se stessa. In un ambiente in cui l’omertà è in vigore, in cui prevale un accordo fraudolento fra Chiesa e mafia, in cui la violenza si maschera in amore, Lia non si vergogna di chi è e per questo conduce fino alla fine la sua denuncia contro il giovane, che in realtà è vittima anche lui della mentalità e del contesto patriarcale.
Primadonna non è un manifesto; come afferma anche la regista: «non c’è bisogno sempre di avere tutte il coraggio di Lia, denunciare è una possibilità non una responsabilità».